ANCHE L'OVVIO E' IN BILICO (CARLOS)

mercoledì 31 ottobre 2007

La Leggenda














La formazione dei 110 anni secondo Gianni Mura di Repubblica:

Zoff
Cannavaro
Thuram
Scirea
Cabrini
Furino
Tardelli
Boniperti
Platini
Bettega
Sivori

(Coperton Buick)
Fonte:La Stampa
Cuanta Pasión
Paolo Conte
(Live Arena di Verona 2005)

Ma sì, sarà il carattere
o la malinconia
che sta dietro al carattere
come una gelosia
sarà il pensiero vergine
che ha la fantasia
vissuta dal carattere
come la frenesia

Cuanta pasiòn en la vida
cuanta pasiòn
es una historia infinita
cuanta pasiòn
una illusiòn temeraria
un indiscreto final
ay, que pasiòn visionaria
y teatral!

Le vigne stanno immobili
nel vento forsennato
il luogo sembra arido
e a gerbido lasciato
ma il vino spara fulmini
e barbariche orazioni
che fan sentire il gusto
delle alte perfezioni

Cuanta pasiòn en la vida
cuanta pasiòn
es una historia infinita
cuanta pasiòn
una illusiòn temeraria
un indiscreto final
ay, que vision pasionaria
trascendental!

Più son pallide e languide
le donne nell' andare
e meglio sanno esprimere
il morbido sbandare
che arriva dai vulcani antichi
e dalle onde del mare
che sulle terre tiepide
si sporgono a danzare

Cuanta pasiòn en la vida
cuanta pasiòn
es una historia infinita
cuanta pasiòn
una illusiòn temeraria
un indiscreto final
ay, que pasiòn visionaria
y teatral!

Le musiche difficili
son spiriti dannati
che dal naufragio invocano
interpreti spietati
ma, dato che contengono
occulte persuasioni,
ti strappano anche l' anima
insieme ai pantaloni

Cuanta pasiòn en la vida
cuanta pasiòn
es una historia infinita
cuanta pasiòn
una illusiòn temeraria
un indiscreto final
ay, que vision pasionaria
trascendental!

giovedì 25 ottobre 2007

Mostra fotografica all'Università di Borgomeduna

Il 6 e 9 agosto 1945 due bombe atomiche distrussero le città di Hiroshima e Nagasaki
spegnendo in un solo attimo oltre 210.000 vite umane.
Oggi, dopo 62 anni, gli "Hibakusha", i sopravvissuti di quel giorno,
ed i loro discendenti soffrono ancora dei devastanti effetti della contaminazione radioattiva.
Sono 250.000 le persone che ancora oggi patiscono seri danni alla salute a causa delle due esplosioni.

Le città di Hiroshima e Nagasaki non hanno mai cessato di dichiarare al mondo
l'inumana crudeltà delle bombe atomiche
e hanno sempre insistito sulla necessità di un totale disarmo nucleare.

Da quell’impegno nasce anche la mostra fotografica che il Comune di Pordenone e il Consorzio per l’Università di Pordenone in collaborazione con le Università giapponesi di Nagoya, Koachi e Ritsumeikan e con il patrocinio del Consolato generale del Giappone in Italia propongono alla città.

Inaugurazione della mostra fotografica

MAI PIU’
HIROSHIMA/NAGASAKI


lunedì 29 ottobre 2007, alle ore 15.30
nella sede del Consorzio Universitario di Pordenone
in via Prasecco 3

La mostra rimarrà aperta fino al 10 novembre 2007
tutti giorni dalle ore 8.30 alle ore 20.00

Flash/News

Dura presa di posizione da parte dell’Arcigay nei confronti di Grillo, colpevole d’aver mandato affanculo tutti esclusi i sopra citati, che avrebbero gradito l’epiteto.

Il governo ha deciso di investire il tesoretto nell’A.G.I.P., ovvero l’associazione dei giovani industriali petroliferi.

In caso di elezioni anticipate, l’unica possibilità di vittoria per la sinistra sarebbe quella di andare a votare su Giove, il solo pianeta del sistema solare rimasto rosso.

Letta e Bindi, dopo la delusione delle primarie, formeranno un nuovo partito, ovvero il P.M.D.(Partito Molto Democratico).
La scelta della leadership sarà affidata, naturalmente, al popolo che potrà votare come e ovunque creda, mezzo internet, s.m.s., al supermercato, al grill, al cesso del grill, alla signora che piantona il cesso del grill.
Già pronta la cosa 2, fase 2, 2 tempi, 2 tempi da 45 sono troppi, si gioca ad una porta sola con il portiere volante , che prevede per il perdente un ulteriore partito chiamato P.P.D.(Partito Più Democratico) a senso unico con obbligo di svolta a destra, monofase, fase da mona, senza inversione ad “u” ma proseguire parallelamente alle convergenze trasversali.
Al primo stop fermarsi, contare fino al 10, e via senza remore e paura, che tanto siamo in Italia.
(Coperton Buick)

mercoledì 24 ottobre 2007

Stratificazioni sottovuoto delimitano l’alba carsica…massicci volantinaggi persistono nell’agorà delle morse imprenditoriali…brucia l’ignifuga pazienza degli ornitorinchi in calore…suonate campane, suonate a festa…pregate pregatori preganti…predicate predicatori predicanti…milioni di nuvole pechinesi arrugginiscono ammassate in bancali di rovere…svendita totale per miliardi di profezie...l'umanità gongola e rigongola...giocoforza paga la prospettiva dell’indecenza…giocoforza si forza il gioco…sono aliti ad alitare, vetri ad appannare, porte a portare, troni a tronare, trombe a trombare…confesse a confessare...blateranti a blaterare…invidie ad invidiare.
(S.B.)


C'era una volta...

Quando era il pallone che correva,
e non i giocatori,
perchè i piedi erano buoni,
e c’erano meno dobloni.
Quando il calcio era la passione,
non lo sponsor o la televisione,
fuori e dentro il campo s’era più leali,
e comunque si vincevano i mondiali.
C’era già la moviola,
ma tutto finiva con qualche parola,
erano già nati i processi,
ma contenuti e senza eccessi.
C’erano giornalisti improvvisati,
ma non opinionisti scriteriati,
la professione era più sincera,
se la partita la raccontava Gianni Brera.
I commenti erano fatti di parole,
non di idiozie scambiate con le pistole,
al massimo qualche battibecco,
ed un saluto partenopeo da Luigi Necco.
Ma il calcio non prende più il volo,
è un pallone che si sgonfia da solo,
la Ferrari diventata una cariola,
subirsi i Biscardi e Moggi,
e rimpiangere quel genio di Beppe Viola.

(Coperton Buick)

martedì 23 ottobre 2007


Quando Pat uccise Billy
Liberamente ispirato al film "Pat Garrett e Billy Kid" di Sam Packinpah

di Alessandro Sean Penn Dorigo

PAT

Maledetto posto, Maledetto vecchio. È rimasto li a fissarmi in silenzio per ore senza dire una parola, con quella bocca storta e gli occhi da pazzo, quasi gli avessi ammazzato suo figlio. Se ne andato finalmente. Gli altri sono ancora qui. Sguardi fissi nel vuoto, senza più parole né gemiti, solo odio. Odio. Ma non fa differenza, ragazzo. Ti ho ficcato un proiettile calibro 45 dritto nel cuore, e a guardarti li disteso a terra, morto stecchito, non sei diverso da tutti gli altri cadaveri che ricoprono questo mondo di merda. Sento freddo, sono tutto intorpidito, ma non riesco ancora ad alzarmi. Penso a fatica, troppo silenzio, solo un cane che abbaia lontano e i rumori del giorno che arriva piano. La ragazza messicana ti siede accanto e ti accarezza il viso senza piangere.
Non mi muovo. Il metallo della pistola mi gela le mani ma non posso spostare un muscolo.
Non fa differenza Billy. Quando fa chiaro, lucido gli stivali, sistemo la giacca, monto sul mio cavallo e me ne torno giù in città a riscuotere il mio denaro, la mia stella e la mia vecchiaia. E sì amico, questa è la verità, tu sei morto, io sono vivo. Potevi andartene Billy, ti ho dato tutto il tempo che ho potuto. Quando sei scappato dalla prigione di Lincoln lasciando dietro a te due cadaveri ho sorriso. Ho cavalcato per il paese a cercarti senza fretta, sperando che sparissi da questa terra che non è più tua. Ora non fa differenza.
Quando tra vent’anni sarò ricco e vecchio cadente, seduto in poltrona con la pipa carica del miglior tabacco e una giovane senorita mi servirà il caffé, di questa schifosa notte non avrò ricordo.
Perché solo quello conta. Non ha importanza chi sei o cosa fai, l’importante è restare inchiodati al suolo il più a lungo e con più soldi possibile.
Ora basta, sta sorgendo il sole. Tra un momento porterà un po’ di calore a queste vecchie ossa, ma fino ad allora, credo che starò qua seduto ancora qualche minuto in silenzio, ad assaporare questo odio che mi avvolge e mi da coraggio.

BILLY

Entriamo. La stanza è fredda. Sfrego un fiammifero sul cuoio della fondina e accendo la lampada bruciandomi leggermente le dita sul vetro. Guardo la vecchia panca, il muro scrostato, il letto scuro con sopra la coperta di lana. Sento la voce del vecchio che arriva dall’altra stanza. Racconta della notte in cui il giovane Tom mise un serpente a sonagli nel sacco di Frank perché sospettava gli avesse rubato il cavallo. Frank fu morso alla nuca e morì. Antica storia sentita molte volte, ma il vecchio e stato gentile, ci ha fatto entrare e ci ha dato il suo letto. C’è un buon odore di pane e di stufato che arriva dalla cucina e l’ipnotica litania della voce sdentata del vecchio. Chiudo la porta e la guardo. Lei, è da quando sono tornato dal Messico che non mi toglie gli occhi di dosso, sorride, mi porta il piatto più buono, l’acqua più fresca, la bottiglia migliore. Si siede sul letto e si spoglia lentamente. Abbasso lo sguardo e smetto per un attimo di respirare, è bellissima. Quando al buio si stende sopra di me non sento più le voci. Sono settimane che dentro la mia testa vuota, voci lontane mi ripetono la stessa ballata, una lenta canzone che parla di questo sgangherato paese e di come sono cambiate le cose, che devo andarmene altrimenti mi prenderanno e mi impiccheranno. Pat ci ha già provato una volta. Mi ha portato a Lincoln e ha fatto costruire una bella forca. Io sono ancora in giro e Lincoln piange due suoi emeriti cittadini. Ho provato ad andarmene, sono stato in Messico per un po’. Non fa per me il Messico, non c’è niente da fare lì, e poi odio quelle schifose tortiglias e la maledetta tequila. Buona solo per i mezzosangue.
Mi perdo tra i sui capelli sparsi sul mio torace, sento le lebbra bagnate, mi sussurra qualcosa, non capisco più nulla. Pat, forse sei fuori nella notte a fiutare il mio odore, ti sei messo il vestito da damerino per celebrare il mio funerale, Pat, il fratello venduto ai proprietari terrieri che hanno fatto di questo paese un recinto dove rinchiudere bestie, e uomini come me. Bevi un bicchiere alla mia salute, amico, io sono più vivo che mai. Si alza sopra di me, si porta le mie mani sui seni e si muove piano. Per un attimo apre gli occhi e mi sorride. Ti amo senorita. Come amo cavalcare in questa terra sterminata, come amo il ricordo di tutti i posti dove sono stato, i miei compagni di bevute e le notti attorno ad un fuoco giù, sulla riva del grande fiume Bravo. Ti amo come amo guardare la mia foto sopra la scritta “vivo o morto”, come ho amato ficcare una pallottola nel cervello a tutti quei bastardi cacciatori di taglie. Mi è piaciuto anche restituire gli spiccioli a Bob. Due cose adorava quello stronzo della sua misera vita, Gesù e la vecchia doppietta caricata a spiccioli. Non credo che Bob sieda vicino al suo Gesù adesso, ma di sicuro gli spiccioli se li tiene ben stretti.
Mi si stende accanto, i capelli le coprono il viso ma i suoi occhi brillano alla luce della lampada, non dice niente, respira piano. Mi bacia a lungo, un bacio caldo e disperato, un addio eterno, triste. Forse ha sentito qualcosa. Mi vesto al buio guardandola dormire, la testa sprofondata sul cuscino, i capelli neri, lunghi. Adios senorita, me amor.
Apro la porta, il vecchio dorme sulla sua poltrona sfasciata russando piano. Non stà mai zitto il vecchio. Esco sul portico e guardo la strada vuota. Un rumore alle spalle. Un brivido mi sale alla schiena, non è il freddo. Provo a estrarre.
I giornali hanno scritto che Pat ha sparato due colpi. Il primo proiettile mi ha spaccato il cuore e prima di sbattere a terra ero già morto. Strano, dicono che un istante prima di morire ti scorre davanti tutta la tua vita.
A me non è successo, forse la mia vita è stata troppo breve. No. L’ultima cosa che ho visto cadendo è stata lei nuda che sorrideva sopra di me, e il vecchio che svegliato dallo sparo riprendeva la sua sdentata cantilena di mandrie e cavalli.


Fuggite, amanti, amor – Rime e Lamentazioni per Michelangelo


Con questi versi ci addentriamo nell’insanabilità del desiderio amoroso..nella sua terribilità, che anelando all’unione porta alla conoscenza della separazione..non si è mai così soli, come da innamorati..la nostra individualità non ci fa mai così male, come nella tensione, nell’anelito all’unione..

(Vinicio Capossela)
Foto: viniciocapossela.it

domenica 21 ottobre 2007

giovedì 18 ottobre 2007

Ricordo

Venticinque anni fa, il 17 Ottobre 1982, moriva stroncato da un infarto e da campione del mondo, una delle più grandi firme del giornalismo calcistico, nonché sceneggiatore con Mario Monicelli, co/autore di canzoni con Enzo Jannacci (vedi quei che…), e scrittore di molti testi comici per l’allora covo dei cabarettisti, il Derby di Milano.
Un affettuoso ricordo per quel mostro di ironia ed intelligenza che è stato il Sig. Beppe Viola.
Mi auguro che, prossimamente su queste pagine, il personaggio possa essere approfondito come merita.

(Coperton Buick)

martedì 16 ottobre 2007

Amici, un fià de schèi...


Amiçi,
Un fià de schèi,
Par tirar 'vanti,
No' xé miga massa.

E una doneta,
Che riçeva
I nostri basi.
Co' quel gusto,
Che ghe serve
Par donarli,
No' xé miga massa.

Ma un fià de vin,
Amiçi
Co' no' ghe xé né schèi né amor,
O anca se i ghe xé,
Un fià de vin bevùo tra amiçi,
Un fià de vin,
E ancora un fià de vin, amiçi,
No' xé miga massa.


Giacomo Noventa - Amici, un fià de schèi... "Lo Specchio", Mondadori, 1960
(C.B.)

lunedì 15 ottobre 2007

Charlie il clown

Charlie è un lavoratore circense da quasi 40 anni, ha prestato il suo servizio in vari circhi italiani ed europei garantendo sempre dedizione e generosità.
Il suo vero nome è Carlo Clovis, nato a Paularo da emigranti canadesi, operaio il padre all’acciaieria di Tolmezzo, mezzadra la madre che divideva il suo tempo tra il grano e le grane per tirar avanti la famiglia.
Non propriamente figlio d’arte, Carlo cominciò ad interessarsi al suo futuro attraverso il cinema comico muto, ancora oggi dice che quei attori esprimevano in ugual misura un senso di tristezza e gioia che non avrebbe più trovato in nessun altro, se non in qualche suo personale maestro.
La tristezza è stata una questione ereditaria, i genitori carnici non erano abituati a ridere, al massimo riuscirono ad esprimere una smorfia tra il ridicolo ed il tragico il giorno del loro matrimonio.
Non c’era tempo per ridere, si doveva lavorare duramente, il divertimento significava essere persone poco serie e ancor meno credibili.
Carlo quindi, ci mise molto del suo, il primo terreno d’allenamento fu il campo di mais dove si nascondeva per provare le prime capriole.
Quando l’autunno seccava le foglie delle pannocchie, le usava come riempimento per le scarpe del nonno, grandi come canoe, che calzava per muovere i primi passi.
La cosa più difficile da reperire erano i trucchi per il viso, la mamma Onorina ovviamente non ne aveva, una donna carnica non li usava, lei era tutta d’un pezzo, dura come il granito e forte come un mulo.
Carlo s’ingegnava con infusi d’ortiche, castagne e zucche, che una volta raffreddati, creavano una pastella gommosa d’appiccicare al viso.
Da vecchie sedie, usate dalle galline per le uova, prendeva la paglia della seduta per improvvisare una parrucca.
Il pezzo forte era l’abito, ricavato squartando sacchi di farina, ricuciti con materiale usato per legare la vite, tappezzato da ogni cosa colorata, cartoncini, pezzi di vetro, e quattro enormi bottoni verdi strappati dal cappotto di nonna Lodovina, che da quel giorno lo indossava incrociando le braccia, anche quando doveva segnarsi la croce in chiesa, la domenica.
Per guardarsi usava quello specchio rotto e anticato dal tempo, appeso alla porta della legnaia, che il padre Vittorio usava per radersi, ungendo la lama da barbiere nella tinozza d’acqua e schegge di sapone di Marsiglia.
Nella stessa schiuma immergeva il viso per detergersi, per poi asciugarsi con quel asciugamano che tutti usavano per scopi diversi, che si reggeva ormai in piedi da solo.
Il primo camerino era uno spazio ritagliato tra pale, picconi, rastrelli e mangimi per gli animali, il porcile confinante dettava i tempi d’apnea.
I fan antesignani, non paganti, furono i cani di casa Clovis, accompagnati da qualche randagio che si fermava dove c’era la possibilita’ di una risata ed un tozzo di pane.
Con gli anni la passione sbocciò come i tulipani in primavera, Carlo non poteva e non voleva più nascondere la sua vocazione, in contrasto con i coniugi Clovis, causa la loro carnicità ed appartenenza territoriale.
Un figlio, l’unico maschio dopo tre femmine, strappato all’agricoltura e considerato lo scemo del villaggio.
Tra un compleanno ed una sagra, il Carletto riuscì nell’impresa di piangere per far ridere, divertire bambini e commuovere adulti, dai cortili alle piazze per poi entrare nella casa che gli spettava, il circo.
Quei lunghi solchi sul viso raccontano una vita, sono stati di tutti i colori e hanno cambiato l’umore di chi l’ha incontrati.
La più grande tragedia per un clown, però, si consuma in camerino, quando entri per iniziare o esci a fine spettacolo.
C’è un momento in cui la solitudine e la tristezza sono così presenti da sentirne l’odore, ti rapiscono per un momento così breve da sfiorare l’eternità.
Quel momento si ripete come il respiro, passi dall’ilarità al silenzio, dagli applausi alla commiserazione di essere intrappolato nel personaggio, che volevi fin da piccolo, che oggi butteresti nel cestino.
Il traguardo è ormai visibile perchè la pensione è vicina, calerà il sipario, in camerino la foto di Buster Keaton appesa al muro finirà, insieme alle solite cianfrusaglie, nella valigia dei ricordi.
Ma cosa farà un clown a fine carriera se non il clown?
Questo mestiere ancor prima d’essere un lavoro è una missione, un tormento che ti colpisce come un virus, la maschera non puoi nasconderla o eliminarla, perchè non è la seconda pelle bensì la prima.
La prossima estate riprenderanno le sagre, e c’è da scommetterci che lo ritroveremo in qualche piazza attorniato da urla di bambini festosi, insieme a qualche vecchio paesano, mai mosso dal paese natale, contento che Carletto il pagliaccio, sia tornato a casa.

(Coperton Buick)

giovedì 11 ottobre 2007

News on tour

Viste le numerose le richieste di biglietti (sold out per tutte le date stabilite) e dopo una breve sosta nel mese di novembre utile al tagliando di strumenti, telefoni, computer, penne, matite, gomme, rasa erba, scope, pentole, bottiglie…ecc…..
i Buick hanno deciso di programmare alcune date a dicembre.
Il posto scelto è il tempio della musica pordenonese dove le nostre star non suonavano dal 1977.

Ecco il dettaglio tecnico delle nuove date:

Venerdì 21 Dicembre - Adriano Cal Football Center
Sabato 22 Dicembre - Adriano Cal Football Center
Domenica 23 Dicembre - Adriano Cal Football Center
Lunedì 24 Dicembre - Adriano Cal Football Center
Special guest Uto Ughi on violin
Martedì 25 Dicembre - Adriano Cal Football Center (doppio appuntamento)
Ore 10.30 primo show tipo allievi regionali
Ore 15.00 secondo show tipo prima squadra
Special guest Aldo Bufaldo on vocals
Mercoledì 26 Dicembre - Adriano Cal Football Center
Special guest Milli Formilli on trombet

mercoledì 10 ottobre 2007

Nello el muradòr

Nello taca col ciaro,
e finisse col scuro,
el so duro mestier,
quel del murer.

Le sempre par primo in cantier,
matita rossa drio la recia,
un metro de legno tal taschin lateral,
el bocia de quattordese ani come manoval.

La borseta del pranso,
co la bottiglia de vin che spunta fora,
la gamela co la pastasuta,
che sarà cola quando le ora.

El pendolin col fil blu,
par metter el muro in bola,
n’estate in cantier,
val più de ani de scuola.

El geometra col progeto,
e par tutto perfeto,
ma Nello a ocio,
ghe trova el difeto.

Ma l’arte, l’ingegno e mestier,
no fa la profession perfeta,
se no te riesi a farte el capel,
co la pagina de la gaseta.

(Coperton Buick)

martedì 9 ottobre 2007

9 Ottobre 1963

“Quanto pesa un metro cubo d’acqua? No, no, non preoccuparti di rispondere esattamente. Basta che ci mettiamo d’accordo.

Un metro cubo d’acqua? Mille chili, una tonnellata. Una tonnellata va bene? Le frane le misurano a metri cubi. Il metro cubo è l’unica cosa che resta fissa, perché poi la densità, e il peso, cambiano.
[...]
9 ottobre 1963. Dal monte Toc, dietro la diga del Vajont, si staccano tutti insieme 260 milioni di metri cubi di roccia. Duecentosessanta milioni di metri cubi.

Vuol dire quasi sei volte più della Valtellina. Vuol dire seicento volte più grande della frana della Val di Stava. Duecentosessanta milioni di metri cubi di roccia cascano nel lago dietro alla diga e sollevano un’onda di cinquanta milioni di metri cubi. Di questi cinquanta milioni, solo la metà scavalca la diga: solo venticinque milioni di metri cubi d’acqua... Ma è più che sufficiente a spazzare via dalla faccia della terra cinque paesi: Longarone, Pirago, Rivalta, Villanova, Faè.

Duemila i morti. La storia della diga del Vajont, iniziata sette anni prima, si conclude in quattro minuti di apocalisse con l’olocausto di duemila vittime.

(Marco Paolini) - "Il racconto del Vajont" Garzanti
Foto: misteriditalia.com

domenica 7 ottobre 2007

Omaggio a Primo Levi

La guerra


Donne e uomini,
che partono senza tornare,
è guerra.

Bambini che nascono,
senza crescere,
è guerra.

La neve,
che non fa camminare,
è guerra.

Gli occhi,
aperti di notte,
è guerra.

Una croce,
che stringi nel pugno,
è guerra.

La foto,
piegata in tasca,
per capire che finirà,
la guerra.

Fantasmi che,
restano nella testa,
è guerra.

(Coperton Buick)

venerdì 5 ottobre 2007

Sono giorni lenti Amilcare…goditi questa pioggia che arriva da lontano, da chissà dove…se guardi stai vicino a ciò che guardi…se ascolti ascolta il rumore della strada…non comperare il giornale oggi, stai fermo vecchio ignorante…fermo, tieni i soldi in tasca…non c’è nulla in questa mattina d'autunno che valga la pena d'esser letto…non c’è notizia che sia notizia…non c'è notizia che ci cambi la vita...la vendemmia è già andata… i corridori non passano, non passano più…annusa piuttosto l’aria che il pendolo muove, è aria del tuo tempo vecchio balordo…aria, aria Amilcare…senza muoverti vola via…stai fermo e vola.

(Stock Buick)

mercoledì 3 ottobre 2007

Scoop

Dr House e Stock Buick sorpresi recentemente in un negozio di biancheria intima per signore.

(Ansia Press Agency)

Veti e divieti

Il fumo fa male, anzi uccide come viene scritto sui pacchetti di sigarette, il fritto fa male, il vino fa male, la droga fa male, la chiesa fa male.
Premesso che le cose che seguono non sono frutto di mie fantasie morbose, ma documenti, testimonianze e filmati trasmessi da “Exit” sul canale televisivo La Sette.
Mi assumo, quindi, la sola responsabilità di esprimere un’opinione, giusta o idiota che sia, da libero cittadino.
La chiesa fa male a non ammettere quello che accade al suo interno, dove masturbazione, omosessualità, sadomaso sono pratiche ricorrenti e purtroppo diffuse tra i religiosi.
È severamente vietato il preservativo, il virus dell’Hiv è cosa che colpisce Marte e Giove, il pianeta terra è immune da tale calamità.
L’amore o il sesso, la lussuria vanno consumati, all’interno di un’unione chiamata matrimonio (le altre non sono riconosciute), solamente al fine della procreazione.
Gli spermatozoi devono essere possibilmente di centro, e solo uno, il più meritevole, caritatevole, e fedele ai principi cristiani, avrà l’onore di generare nuova vita.
Il divorzio fa male, se una coppia sposata va’ in crisi, bisogna trovare la via ed il modo per riallacciare i cuori, perchè l’uomo non può e non deve dividere ciò che Dio unisce.
L’aborto fa male, la vita è considerata tale da subito, oserei dire dal momento dell’eiaculazione, quindi tutto quello che succede dopo è manipolazione e peccato.
Lo studio degli embrioni del tipo chimera o similari non è ammissibile, perchè si toglie vita alla vita, non importa se gli scienziati trovano delle soluzioni per combattere le molte malattie degenerative, di cui siamo sempre più vittime.
Si sfidano scienza ed etica, intente ognuna, a tradurre i propri dogmi in verità assoluta.
Vorrà dire che i nostri malati, i bambini malformi li porteremo tutti in vaticano, dove i religiosi sapranno curarli e stimolarli solo con la forza della fede, unica virtù capace di guarire le avversità del vivere.
Sempre che tali religiosi non siano troppo impegnati in altre attività, che il sol pensiero mi fa venire il vomito.
Le scuole e gli oratori si sono riaffollati di bambini, e l’angoscia mi porta il cuore in gola, libera nos a malo.
Se Yehoshua Ben Yosef avesse previsto tutto questo, la croce, prima che diventasse il suo flagello, l’avrebbe messa in culo a Pilato e ai suoi amici romani dell’epoca.

(Coperton Buick)