ANCHE L'OVVIO E' IN BILICO (CARLOS)

sabato 1 marzo 2008

Nelle terre selvagge

Into the wild
La felicità è reale solo se condivisa, è l’ultimo appunto scritto da Chris, il protagonista di “Into the wild”.
Libertà assoluta, fuga e verità sono i dogmi che accompagnano l’intero film, vengono innescati dalla frantumazione della famiglia, che origina malesseri adolescenziali e si ritrovano da adulti.
La civiltà, intesa come covo di esseri umani più o meno pensanti, non è terreno fertile per la verità, è arido, manca quella connessione per interagire con i propri simili.
Chris abbandona una promettente vita e carriera per il nord, per l’Alaska, lascia la sua famiglia per incontrarne un’altra lungo il suo viaggio, hyppies alla ricerca d’un figlio perduto che ritrovano in lui.
Il grande nord è la speranza, la possibilità, il luogo dove espiare i peccati, quelli legati alla costrizione e alle regole di convivere con il genere umano.
La speranza non muore mai, finisce semmai tutto quello che c’è prima o dopo, i grandi spazi vuoti permettono di vedere oltre i confini, sentire al di là delle nuvole, e annusare i propri respiri.
Il film mette a nudo, oltre alla famiglia, il peso dei soldi e delle comodità a tutti i costi.
Il protagonista si spoglia di tutto ciò prima di intraprendere il suo ultimo viaggio, e rinuncerà anche all’amore, ma nemmeno quello sarà il dubbio da fugare per tornare sui propri passi.
La cintura di cuoio, regalatagli dal nonno acquisito on the road, è la testimonianza, attraverso incisioni, delle tappe percorse e quella N finale che indica, senza alcun dubbio, il nord.
Il fiume sarà il limite invalicabile, troppo forte la corrente, oltre al quale non s’incontrerà niente e nessuno, non ci sarà alcun “Meeting across the river”, Chris rimarrà dall’altra parte con un piede ancorato alla società dalla quale fugge e l’altro nel vuoto.
Il vecchio autobus diventa la sua base di partenza e purtroppo anche quella d’arrivo, gli permette quelle minime comodità che sono il fuoco, qualche utensile per mangiare, tagliare, squartare, un materasso e un piano d’appoggio per il diario di bordo.
La battaglia più dura è quella della sopravvivenza, il confronto con quel mondo dove sono gli animali che la fanno da padrone, a Chris non basterà il fucile per abbattere un alce, quando poi larve e mosche avveleneranno la carne che serviva a nutrire la propria.
Non si puo’, in queste terre, vincere l’istinto bestiale del nutrirsi, è inesorabilmente una sconfitta che porta alla morte.
Trovare la morte quando non s’è ancora finito di vivere, la debolezza che s’impadronisce delle tue braccia e gambe, la testa che mette insieme le ultime cose da lasciare al diario.
L’istinto, quello umano, tende a proteggerti fino alla fine, Chris nel suo ultimo disperato atto motorio, si rinchiude in uno pseudo sacco a pelo, per difendersi dall’arrivo dell’inverno e della morte, proteggere e tener caldo un qualcosa dentro sè che rimarrà vivo.
Sean Penn è un regista delle Badlands, attratto visceralmente dai bassifondi e dalle sue storie, la macchina da presa proietta immagini ruvide, a volte sfuocate, è preponderante lo spirito del bianco e nero, filmare il paesaggio piuttosto che i suoi abitanti.
Il risultato è notevole quanto la storia, che si sviluppa incastrando alla rinfusa i vari pezzi per poi ricomporli e ricondurli al suo filo conduttore.
Questo road Artic movie segnerà profondamente le coscienze, non si potrà eludere il sentimento della solitudine che ha bisogno di grandi risorse e coraggio per affermarsi.
Perdersi nel grande silenzio e morire senza alcun rumore, pagare con la vita la propria scelta, con la dignità che emerge negli animi più nobili.
Il protagonista sembra, fisicamente, l’incrocio tra il regista ed Eddie Wedder, autore di una colonna sonora memorabile.
Rimane pero’ un qualcosa d’incompiuto, non si vedrà la neve dell’Alaska, e l’ultimo pensiero di Chris, quello che inizia questa modesta analisi, lascia comunque ogni interrogativo aperto.
Si puo’ realmente fuggire da tutti per sempre? Èun desiderio o una necessità temporanea? Lasciamo ad ognuno la sua domanda, anche perchè risposte, come spesso capita e qui’ ancor di più, si perdono nel nulla.
Come diceva il vecchio Bob, le risposte soffiano nel vento, e quello gelido dell’inverno artico le congelerà per sempre.

(Coperton Buick)

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