ANCHE L'OVVIO E' IN BILICO (CARLOS)

martedì 26 febbraio 2008

Il secondo che è appena passato di chi era.
Mio? Tuo? Nostro? Di chi era? Anzi, di chi fu? Fu di nessuno, fu di tutti e di nessuno. Fu alla vita imprestato e dalla vita liberato. Nulla più di così fu. Come ora, come dopo, come dopo per sempre. Come al di là dell’orizzonte che vedi, di quella linea di mare e polvere. Un tempo sapevamo scaldare le parole, sapevamo scaldarle tra le mani, sapevamo accendere il fuoco con le parole, con le parole dipingevamo il tempo, il nostro tempo. Sapevamo dare tana alle parole, rifugio al tempo, sangue al sentimento. Oggi è così Amilcare? No Amilcare, oggi non è così. O forse si. Non lo so. Oggi è diverso. È naturale che oggi sia diverso. Siamo forse un po’ più clandestini e forestieri nella terra del sentimento. Saremmo ridicoli se fossimo ancora qui, ostinati, a trattenere quel tempo. Il tempo non si trattiene vecchio balordo, è come l’acqua del fiume. Non si trattiene. E se sapevamo scaldare quelle parole e perché quelle parole respiravano il proprio tempo. Spesso tendiamo a trattenere parole che il fiume ha già portato via molte stagioni fa. E poi ci sorprendiamo perché non siamo capaci a riscaldarle. Le parole, come la minestra, non si riscaldano. Se non hai altro allora si, riscaldi quello che hai e tiri avanti come puoi. E noi spesso, vecchio balordo, tiriamo avanti come possiamo. Disimparando, giorno per giorno, a navigare sul nostro fiume.
(S.B.)

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